Trunzu di iaci: da offesa a presidio slow food

Il riconoscimento è arrivato nel 2012.

Trunzu di iaci: da offesa a presidio slow food
Catania – Ad Acireale e zone attigue (Aci Sant’Antonio, Aci San Filippo, Aci Catena, Aci Bonaccorsi, Acitrezza ed Aci Castello), dire ad una persona “Trunzu di Iaci” è un’offesa, un modo dispregiativo di appellarla. Ma da oggi, non sarà più così. Questa particolare varietà di cavolo rapa coltivato da quelle parti dal 2012 è presidio Slow Food ed è un alimento a cui la medicina attribuisce una potente azione detossificante, in grado di combattere l’insorgere di forme tumorali.

Ciò è dovuto in buona parte alla grande quantità di vitamine e minerali attinte dal prezioso terreno vulcanico etneo. La parte del fusto è caratterizzata da striature violacee, tipicità di alcune piante ed ortaggi che crescono sull’Etna. Si raccoglie in genere due volte l’anno, tra maggio e giugno e tra ottobre e novembre. La produzione è stata rilanciata soprattutto dopo le attenzioni di Slow Food, ed oggi anche altre zone oltre l’acese sono interessate nella coltivazione della varietà di cavolo.

Ad esempio, è un ingrediente prezioso per molti chef, come lo chef Vincenzo Gulino, della Locanda Nerello, il ristorante del country boutique hotel di Guido Coffa. La country boutique rientra nella lista delle aziende del progetto Slow Food, insieme a quella storica di Vincenzo Pennisi, Alberolungo, e quella di Riccardo Marino. Presso la pizzeria Frumento di Acireale, viene proposta una base per pizza fatta con grani antichi che abbina la salsiccia di bufala ragusana con fusto e foglie del cavolo spezzettate e cotte direttamente in forno sulla pizza.

Irene Savasta

FONTE ORIGINALE: Ragusa News, Irene Savasta, 20 gennaio 2018

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