Il "pio Enea" e la professione medica

Sunt lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt, Non ignara mali miseris succurrere disco: chissà quante volte questi versi virgiliani hanno risuonato nelle aule scolastiche!
Ma oggi la retorica dell’obsoleto vorrebbe rimuoverli a forza dal loro luogo naturale perché non sono “competenze” utili, sono ingombranti, incomprensibili residui del passato, che devono cedere il passo a ciò che realmente serve alla produzione, allo scambio, all’amministrazione. Ma che tutto ciò sia vuota retorica, come l’opinione di alcuni che la scuola italiana, fino a qualche giorno fa paradigma di quell’Italia contro cui già Dante scagliava la sua celebre invettiva (Ahi serva Italia…), sia diventata ex abrupto seria solo perché sono aumentate le bocciature, lo si capisce facilmente leggendo la lettera che il Dott. Giuseppe Condorelli ha inviato al giornale La Sicilia, pubblicata il 15 c.m . Non conosco il Dott. Condorelli, ma a Lui rivolgo le mie congratulazioni, per il modo in cui onora la sua professione di medico, essendone di sicuro un illustre esponente. Non posso entrare, perché non di mia pertinenza, nel merito della sua lettera, anche se ne condivido pienamente lo spirito, ma posso mettere in rilievo come oggi il professionista abbia ben compreso l’utilità di un insegnamento di cui ieri, da alunno, non si era reso conto, e la gratitudine che esprime nei confronti della Docente che, con cognizione e sentimento, glielo ha impartito anni fa. A quattordici anni è difficile comprendere i valori umani che esprime la storia del “pio” Enea che porta in salvo sulle sue spalle l’anziano padre, e che si rifiuterebbe di fuggire da Troia in fiamme se il genitore non acconsentisse a seguirlo, ma oggi il medico, ossia un uomo di scienza, vede in quella storia, in quella “inutile favola“, il paradigma dell’amore filiale, che ora prova per i suoi pazienti anziani. La “favola” ha trasmesso un valore. Le humanae litterae, i cui frutti maturano nel tempo, non possono essere cacciate dalla scuola senza un grave danno per il nostro futuro. Per la scuola italiana esse costituiscono invece una grande risorsa di base, cui si aggiunge un’altrettanto valida tradizione scientifica, e giuridica. Forse la scuola italiana sfrutterà meglio queste sue ricchezze, e diventerà più seria, se invece di offrire, come in un mercato, formazione, competenze e servizi, di somministrare verifiche, come insegna la didattica all’ultima moda, sarà lasciata libera di continuare a trasmettere il sapere, ossia conoscenze e valori, ed, affidandosi all’esperienza e al buon senso dei docenti, che essi acquisiscono e maturano nella pratica dell’insegnamento quotidiano, di fonderli in una sintesi concreta, come insegna l’esempio del Dott. Condorelli.

Salvatore Daniele

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