OOPArt – Oggetti fuori dal tempo

Oggetti fuori dal tempo. Oggetti fuori da ogni logica concezione che vengono ritrovati ogni anno nei più disparati angoli della terra. Stiamo parlando degli OOPArt. Il termine che deriva dall’acronimo inglese Out of Place Artifacts (reperti o manufatti fuori posto) indica quella categoria di oggetti di difficile collocazione storica che, secondo le comuni convinzioni riguardo al passato, si suppone non siano potuti esistere nel periodo storico in cui la loro datazione sembra inquadrarli.
Secondo alcune interpretazioni qualche OOPArt, specialmente quelli ritrovati in siti geologicamente molto antichi, metterebbe in crisi le teorie scientifiche e le conoscenze storiche consolidate e forse per questa ragione non sono tenuti in considerazione dalla scienza ufficiale.
È possibile che un oggetto abbia una datazione apparentemente impossibile, che può farlo risalire ad epoche in cui si suppone gli esseri umani non possedessero le conoscenze tecniche adeguate per fabbricarlo, o addirittura non esistessero ancora.
Non sono rare le circostanze in cui il reperto, dopo la pubblicazione iniziale, scompare o viene reso inaccessibile per le necessarie verifiche scientifiche, mantenendo quindi la fama di oggetto misterioso, ma senza possibilità di risolvere il mistero.
In altri casi gli oggetti possono venire catalogati come appartenenti all’epoca in cui sono stati fabbricati, senza che alcuna conoscenza dei fatti storici possa essere messa in discussione.
Così è accaduto per la cosiddetta “Macchina di Anticitera”.
Ritrovato nel 1900 a bordo del relitto di una nave, risalente all’anno 87 a.C., si tratta di un meccanismo ad orologeria che veniva utilizzato per calcolare il sorgere del sole, le fasi lunari, i movimenti dei 5 pianeti allora conosciuti, gli equinozi, i mesi ed i giorni della settimana. Viene considerato dai media e dall’opinione pubblica un oggetto tecnologicamente avanzato per appartenere all’età ellenistica, ma in realtà è perfettamente compatibile con le conoscenze tecniche degli antichi greci post-alessandrini, pur rimanendo un reperto unico per complessità e manifattura. Tra gli esempi più citati di OOPArt vi è una piccola statuetta in argilla nota come la “Navicella di Toprakkale”, che, ritrovata a Tuspa in Turchia e risalente a 3000 anni fa, sembra rappresentare una navicella volante con tanto di ugelli e pilota.
I “Jet d’oro Precolombiani”, definiti semplici monili dalla forma di uccello ed invece sembrerebbero modellini di aerei a reazione, risalenti al 1000 d.C.
Poi la “Batteria di Baghdad”, datata tra il 250 a.C. e il 250 d.C., considerata essere stata utilizzata per placcare dei pezzi di metallo e che molto più probabilmente sarebbe un contenitore per rotoli sacri di papiro.
Il “Vaso di Dorchester”, trovato nel 1851 in Massachusetts (USA) e datato a 320 milioni di anni fa, in metallo di squisita fattura, secondo una ricerca dovrebbe raffigurare in scala 1:2 delle piante risalenti al Cambriano, e classificate in una data successiva alla sua scoperta.
La “Tazza in ferro di Wilburton” rinvenuta nel 1912 in un blocco di carbone in una miniera di Wilburton, nell’Oklahoma, secondo il Dipartimento Geologico locale sarebbe antica di 312 milioni di anni (datazione del blocco fossile).
Il “Teschio dello Zambia”, sarebbe un cranio umano risalente a circa 300.000 anni fa con un foro perfetto sulla tempia sinistra, privo di linee radiali, come se gli avessero sparato con una pistola o un fucile.
Infine, destano clamore anche alcune impronte fossili come quella di scarpa con tacco, che sarebbe stata ritrovata da un collezionista di fossili, William Meister, nel 1968, negli Stati Uniti, in una roccia risalente al Cambriano, circa 500 milioni di anni fa. L’impronta pare aver schiacciato un trilobite, un mollusco estinto nel Permiano circa 250 milioni di anni fa.
Un’altra impronta fossile di scarpa, questa volta proveniente dal Nevada, esaminata al microscopio presentava fili di ricucitura fossilizzati più di 5 milioni di anni fa.
Veri o no che siano, questi oggetti si lasciano dietro un interrogativo alquanto inquietante: la storia dell’umanità è proprio così come la conosciamo? Oppure la scienza ufficiale ha secretato, nel corso dei secoli, scoperte scientifiche troppo scomode soltanto per salvaguardare lo status quo del nostro sapere?

(font: L’Urlo – Cirino Cristaldi, ottobre 2008)

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